Per capire come può essere distorta la verità, guardiamo Sbatti il mostro in prima pagina
Un film che non solo rappresenta come può funzionare un certo tipo di propaganda o giornalismo in base agli interessi di un editore, ma come a "livello micro" possa essere influenzata l'opinione di una massa a seconda della volontà di una singola persona o di pochi

[…] E poi questo Mario non fa troppo comodo al padrone del tuo giornale? Pioggia di voti, la propaganda indiretta è sempre la migliore […] Mentre tu scrivi i tuoi pezzi di costume, Bizanti e Lauri fabbricano i colpevoli e fanno sul serio.
Da Sbatti il mostro in prima pagina, di Marco Bellocchio
Questo è quanto un giornalista dice al gentile Roveda (il bravo Fabio Garriba), impiegato al Il Giornale di cui è redattore capo Giancarlo Bizanti, interpretato da uno straordinario Gian Maria Volonté. (Per la cronaca, il nome del quotidiano non si riferisce a quello attualmente diretto da Alessandro Sallusti, proprio perché il film, sceneggiato da Sergio Donati e Goffredo Fofi, uscì nelle sale 2 anni prima che Indro Montanelli fondasse l’omonima testata nel 1974).
Bizanti “fabbrica la verità” collaborando con le forze dell’ordine preposte alle indagini, incolpando l’innocente militante di sinistra Mario Boni (Corrado Solari) dell’omicidio della giovane Maria Grazia Martini (Silvia Kramar). Effettivamente, molte prove sembrano inchiodare il ragazzo, ma una testimonianza estorta con l’inganno a Rita Zigai (la bravissima Laura Betti), riesce a far cadere sul ragazzo la colpa in modo quasi automatico. Però, Roveda, investigando, scopre che l’assassino è il bidello della scuola frequentata dalla vittima, il quale, ossessionato morbosamente dalla ragazza, viene smascherato dal cronista e successivamente dal direttore, con quest’ultimo che cerca di tenere nascosto il fatto in un finale a dir poco drammatico (di cui non farò lo spoiler per coloro i quali non l’abbiano ancora visto).
Il film è palesemente spostato a sinistra, ma può mettere in luce quanto in generale un certo tipo di propaganda (nel caso del film quella di centro-destra) possa universalmente condizionare l’elettorato spaventandolo e trovando dei cittadini innocenti sui quali gettare addosso tutte le colpe, che possano servire a scopi politici o economici.
[…] Non sempre chi si chiama direttore dirige veramente qualcosa. Ciascuno deve stare al suo posto: la polizia a reprimere, la magistratura a condannare, la stampa a persuadere la gente a pensarla come vogliamo noi. Tutti in fondo stanno facendo il loro dovere… Sono gli operai che non stanno al gioco… Non lavorano abbastanza, se ne fregano, vogliono sempre soldi. Non riusciamo ad alzare la produzione, è questo il vero guaio. Che cosa vuole che conti davanti a tutto questo l’innocenza o la colpevolezza di un qualsiasi Mario Boni…
Ingegner Montelli, l’editore interpretato da John Steiner, in Sbatti il mostro in prima pagina
Mantenendo sempre viva una strategia della tensione e della distrazione, è chiaro che in ogni settore l’attenzione possa essere sviata dalle vere problematiche di un paese a dei fatti, che per quanto gravi, sono secondari rispetto ad altri. Difatti, i particolari dell’omicidio come la presunta (poi smentita) verginità della ragazza assassinata, fecero di lei una sorta di martire cattolica, figlia di buona (e potente) famiglia, che resiste contro il cattivo comunista, quando invece la ragazza aveva già avuto rapporti consenzienti con più uomini, tranne che con l’assassino (che ha palesi disturbi psichici).
A distanza di poco meno di cinquant’anni dalla sua uscita, questo film non solo rappresenta come funziona un certo tipo di giornalismo in base all’orientamento politico dell’editore, ma, in parte, come a livello micro possa essere influenzata la comunicazione a seconda della volontà di una singola persona o di pochi.
La professoressa Rita Zigai fu spinta ad accusare Mario Boni perché da lui non amata, pertanto, anche se il direttore Bizanti ci mise del suo per istigare nella donna odio (“seminando zizzania”), si può comprendere quanto la verità possa essere suggestionata da una sorta di “invidia” e di astio per non poter possedere ciò che si desidera, come accade in comunità più grandi con l’invidia sociale o per fini di altra natura quali lotte di potere in senso lato (con diffamazioni messe in circolazione ad arte o ingigantimento di fatti di poco conto).
La Zigai voleva che Boni rimanesse con lei, ma lui non volle, quindi il passo successivo fu la totale delegittimazione dell’uomo, infangato, calunniato ed incolpato non in quanto esecutore del delitto, bensì nel ruolo di non innamorato da un lato e militante di sinistra dall’altro, rappresentante in quest’ultimo caso dell’essere che porta scompiglio in una società ipocrita basata su verità fatte passare per bugie e falsità spacciate per Vangelo. È sempre capitato, a livello micro, come in quello macro (perdonate la terminologia propriamente non specifica, ma credo possa rendere l’idea), in ogni contesto (lavorativo, familiare o di altra natura) che il singolo, soprattutto se proveniente da ceti non abbienti o nel caso in cui non sia radicato in un certo ambiente, possa essere visto come elemento di rottura, a prescindere dalla bontà/utilità o meno delle sue azioni e debba essere delegittimato perché considerato possibile minaccia ad un ordine costituito nel tempo (anche se fondato su realtà inventate, mitizzazioni o convenienze di pochi, fatte passare come esigenze universali).
La figura di Boni fu quindi disintegrata da Il Giornale, sfruttando per alcuni versi quella che Alexis Tocqueville definì nel primo volume de La democrazia in America (1830) la funzione principale del giornalista, cioè:
“stimolare grezzamente, senza garbo né arte, le passioni del suo pubblico, nel trascurare i principi per impadronirsi degli uomini, seguirli nella vita privata e metterne a nudo le debolezze e i vizi”
Però, come indicato in un altro articolo, nel secondo libro de La democrazia in America, lo stesso Tocqueville vede nei giornali una sorta di ancora di salvezza della nostra società. E questo dovrebbe essere il ruolo dei giornali e di parte del mondo dei media attraverso cui viene data l’informazione, cercando di porre l’elemento della verità al centro della propria missione, evitando di cadere nell’interesse politico o prettamente commerciale. Istigare il pubblico ad andare contro un individuo o una comunità tramite notizie inventate, o instillare dei dubbi sulla sua/loro condotta per avere più voti o guadagnare tramite il clickbaiting, non è completamente diverso dal comportamento umano di chi getta fango addosso a una o più persone per squalificarla o per destabilizzarne la posizione o l’onorabilità, mettendo in circolazione una o più notizie o informazioni e ripetendole con regolarità, fino a quando una falsità diventa vigliaccamente il vero.
Göbbels diceva nei suoi diari che le masse sono molto più primitive di quanto possiamo immaginare. La propaganda quindi deve essere essenzialmente semplice, basata sulla tecnica della ripetizione, tecnica peraltro modernissima, mandata avanti dalle agenzie americane. Unique selling proposition: unica proposta di vendita
Giancarlo Bizanti interpretato da Gian Maria Volonté in Sbatti il mostro in prima pagina
E francamente, vedere come fake news, link virali o convinzioni a volte demenziali circolano velocemente all’interno di determinati strati della popolazione (non solo gente arrabbiata per reali problemi socio-economici, ma anche cittadini/e con una certa stabilità economica, impegnati/e, stressati/e o annoiati/e e che trovano sfogo in talk show pomeridiani o nel pettegolezzo), dovrebbe indurre a pensare che è forse ora di porre urgentemente la ricerca della verità e l’onestà intellettuale al centro di tutto il mondo dell’informazione, a prescindere dall’interesse di chi finanzia le varie testate o i canali televisivi a cui i lettori (purtroppo anche coloro i quali leggono solo il titolo), o ancora meglio, lo spettatore, fanno riferimento.
Roveda: “Allora lei è convinto che sia Boni l’assassino…”
Bidello: “Eh… sì che è lui… E non so perché sta ancora al mondo quello lì… E poi mi fido, l’ho letto sul vostro giornale, sono anni che lo leggo… Sono un lettore fedele, non leggo altro”
(Da Sbatti il mostro in prima pagina)