Lotta al tumore rinofaringeo e studi sul virus Epstein-Barr: la ricerca scientifica di qualità resta l’unica vera speranza
Nel mondo delle cure fai da te, la ricerca scientifica seria rimane l’unico baluardo per sconfiggere tumori rari e gravi patologie

Lotta al tumore rinofaringeo e studi sul virus Epstein-Barr: la ricerca scientifica di qualità resta l’unica vera speranza
Nel mondo delle cure fai da te, la ricerca scientifica seria rimane l’unico baluardo per sconfiggere tumori rari e gravi patologie

ricerca scientifica - tumori raridi Francesco Carini

Fonte: blog Homo Sum di Francesco Carini – Linkiesta.it – 24/12/2017

Davanti a un numero crescente di terapie anticancro non validate da studi scientifici, fatte circolare sul web con troppa facilità (tramite: fake news, articoli che non citano ricerche importanti o che lo fanno con pubblicazioni più o meno opinabili), diventa fondamentale una comunicazione efficace (al contempo empatica) da parte della medicina ufficiale, alfine di tutelare un diritto sociale come quello alla salute, garanzia di un regime davvero democratico e di una civiltà evoluta, che rischia di perdersi nei meandri di inquietanti gruppi social, in cui fantomatiche cure e diagnosi “fai da te” possono spopolare pericolosamente e a velocità esponenziale.

La lotta contro il cancro rappresenta da decenni la battaglia più ardua condotta da parte degli scienziati, che diviene ancora più dura nel caso di tumori rari, in cui le diagnosi e le relative terapie diventano più difficili da portare avanti, soprattutto in un periodo storico come quello attuale, nel quale la crisi economica ha lasciato gravi strascichi in tutti i settori, compreso quello della sanità e della ricerca.
Ma in Italia resistono alcune eccellenze come il policlinico San Matteo di Pavia, dove si sperimenta da più di un decennio la terapia cellulare (prima pubblicazione risalente al dicembre 2005 sul Journal of Clinical Oncology), metodica in grado di uccidere in alcuni casi (con pochi e innocui effetti collaterali) le cellule cancerose, bloccando nel 50% dei casi l’avanzata di un tumore pericoloso come quello rinofaringeo.

Quest’ultimo è un tipo di cancro raro nei Paesi Occidentali (con un’incidenza in Italia di un caso ogni 100.000 abitanti), invece è più frequente tra le popolazioni asiatiche (soprattutto Cina). A differenza di altri tumori del distretto testa collo non si correla con il fumo da sigarette e con l’abuso di alcool, mentre esiste una connessione con il virus Epstein Barr (EBV). Ruolo marginale è svolto anche da certe sostanze che si riscontrano in alcuni alimenti (es. carni affumicate) e che potrebbero in parte giustificare la più alta incidenza in Oriente. La lotta contro questo tipo di cancro (classificabile in 4 stadi) resta ardua, ma la percentuale di sopravvivenza rimane alta, soprattutto se la diagnosi viene effettuata in tempi brevi, considerando la progressione sia a livello locale che metastatica.

A tal proposito, la dottoressa Simona Secondino, dirigente medico presso il dipartimento oncoematologico dello stesso centro di ricerca lombardo (diretto dal prof. Paolo Pedrazzoli), fa una disamina riguardante la malattia, soffermandosi sulle innovazioni relative alla cura.

Salve dottoressa, in che modo il virus influisce sullo sviluppo di questo tipo di cancro?

Il virus Epstein Barr (EBV) è endemico, ossia estremamente frequente nella popolazione mondiale, ma da solo non è sufficiente allo sviluppo di questa malattia. È responsabile di tumori EBV-correlati in alcune categorie di pazienti immunocompromessi (che ricevono una terapia immunosoppressiva a seguito di un trapianto, per ridurre il rischio di rigetto dell’organo trapiantato), e in questo caso il controllo dell’infezione da EBV induce una regressione della malattia.
Invece, in pazienti immunocompetenti, la sola presenza del virus non è in grado di indurre lo sviluppo del tumore.

In cosa consiste la terapia cellulare?

Si tratta di somministrare delle cellule, chiamate linfociti, che sono globuli bianchi deputati al controllo immunitario. Queste cellule vengono prelevate dal paziente, educate in laboratorio (la “Cell Factory” dello stesso policlinico diretto dalla dottoressa Comoli) a riconoscere alcune proteine del virus di Epstein Barr, e poi restituite al paziente stesso con il fine di indurre una risposta citotossica verso le cellule tumorali, che portano in superficie le proteine virali, e controllando in tal modo la crescita neoplastica.

Quando sono iniziate le ricerche e quali sono le statistiche sulla guarigione o l’arresto della crescita di questo tipo di tumore?

Il San Matteo è stato il primo centro a proporre questa terapia più di 10 anni fa, unitamente ad un centro americano, il Baylor College of Medicine di Houston, in Texas. Attualmente, anche un istituto australiano (University of Queensland, Brisbane) e uno nel sud-est asiatico (National Cancer Centre di Singapore) hanno avviato degli studi clinici.

Purtroppo la terapia cellulare non è in grado di guarire, ma può cronicizzare la malattia. Comunque, nel complesso, le probabilità di controllo del tumore sono state e lo sono tuttora pari al 50%, ovvero un paziente su due ha una regressione o una stabilizzazione.

La terapia cellulare può essere applicata ad altri tipi di tumore?

La terapia cellulare è possibile là dove esiste un target, e, nel nostro caso, il target sono le proteine del virus EBV. Pertanto, è necessario che la malattia esprima il virus EBV (come nel carcinoma del rinofaringe).
Ci sono anche altri tumori che esprimono virus, ad esempio il tumore della cervice uterina o quello dell’orofaringe, che esprimono entrambi il virus HPV. Al momento, non abbiamo però programmi di terapia cellulare per questi due tumori, anche se è in corso uno studio su quello dell’orofaringe.

In che modo agiscono le terapie convenzionali (chemio e radioterapia) rispetto a quella cellulare? Si possono fare terapie combinate?

Le terapie convenzionali (chemio e radioterapia) sono trattamenti in grado di guarire i pazienti affetti da tumore del rinofaringe, con probabilità che vanno dal 90% negli stadi iniziali, al 60% nelle forme avanzate. Nelle recidivate, le probabilità di cura però si riducono e l’obiettivo dei trattamenti diventa il controllo della malattia.

La terapia cellulare agisce uccidendo le cellule tumorali: il nostro sistema immunitario infatti è in grado di uccidere le cellule del nostro organismo che sono infettate dai virus. È proprio grazie a questo riconoscimento, che i linfociti diretti contro il virus EBV riconoscono e distruggono le cellule infettate dal virus, ovvero quelle tumorali.
Queste terapie possono agire insieme (in genere in sequenza) per aumentare le possibilità di cura della malattia.

Quali sono gli effetti collaterali della terapia cellulare rispetto ad altre convenzionali? E quando si applica?

La terapia cellulare è priva di effetti collaterali, in quanto si restituiscono al paziente le sue stesse cellule prelevate in precedenza. In rari casi si possono verificare alcuni disturbi, molto simili a quelli che si riscontrano quando si prende un’influenza: dolori muscolari, febbricola e stanchezza.

La terapia cellulare si applica in caso di malattia recidiva: la condizione migliore sarebbe al termine di un trattamento convenzionale di chemio e/o radioterapia, una sorta di consolidamento della risposta ottenuta.
La chemioterapia uccide anch’essa le cellule malate, agendo in genere sul DNA oppure sul sistema di replicazione delle cellule portandole a morte; però la chemioterapia colpisce anche le cellule sane, che sono in grado di recuperare il danno subito a differenza invece di quelle tumorali. La radioterapia agisce bruciando direttamente le cellule tumorali, ma è un trattamento locale e pertanto ha un ruolo limitato se la malattia è diffusa.

Cosa si sente di dire in merito a terapie anti-cancro pseudoscientifiche che si diffondono sempre più spesso via web, a cui si affidano malati o parenti di questi ultimi in preda alla disperazione?

Nell’epoca attuale, le informazioni sono facilmente usufruibili. Il web è un grande contenitore in cui le notizie si trovano, ma spesso mancano gli strumenti per poterle leggere e interpretare. Sarebbe opportuno discutere con i propri medici, in modo da ricevere gli strumenti per analizzare con occhio critico le notizie che si trovano su internet.

E’ facile cadere nella rete di terapie non convenzionali, soprattutto quando si è in preda alla disperazione.
Il compito di noi medici è anche quello di fornire ai malati gli strumenti per fare una scelta consapevole. Dobbiamo sempre ricordare che di fronte a noi non ci sono malati, ma persone malate. Quando ci confrontiamo dovremmo essere in grado di capire i dubbi e le inquietudini che attraversano un’anima, anticipando per tempo le fragilità della persona e fornendo quegli strumenti che consentono di non perdersi nella rete.

© Francesco Carini – tutti i diritti riservati

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