Il sacro universale come via per la pace

Il sacro universale come via per la pace

incontro tra culture diverse
Chiesa della Martorana, Palermo

di Francesco Carini

Io non amo affatto la parola tolleranza, ma non ne ho trovate di migliori. Mahatma Gandhi

Fonte: blog Homo Sum di Francesco Carini – Linkiesta.it – 15/08/2016

Davanti alle migliaia di musulmani presenti nelle chiese qualche settimana fa è difficile comprendere l’indignazione generale, perché ciò non costituisce un atto di prevaricazione di una religione su un’altra, bensì un momento di condivisione di un luogo sacro in un periodo storico molto complicato. Il terrorismo da un lato e l’esasperazione di uno pseudo spirito nazionalista dall’altro rischiano concretamente di mettere all’angolo la già precaria convivenza pacifica fra le culture.

Nella storia non è certamente la prima volta vedere cristiani e seguaci dell’Islam uniti in preghiera nello stesso luogo di culto ed una disciplina come l’Antropologia del Mediterraneo, non il cieco odio, viene incontro a quello che poteva sembrare un evento più unico che raro, mentre ha costituito negli anni, in diverse parti del mondo, non la nascita di una religione, bensì di una nuova e rafforzata Koinè volta alla ricerca del sacro universale.

Non sono molti, ma alcuni posti hanno costituito il fulcro di azioni che vanno aldilà del puro sincretismo, legati a loro volta a dei concetti che stanno alla base del vivere civile (come ampiamente descritto nel volume I luoghi sacri comuni ai monoteisti, curato dal prof. Dionigi Albera e da Maria Caroucli). Un insegnamento è stato dato da una terra martoriata dalla guerra come la Bosnia.
Lo Zajednicki Zivot (trad. “vivere insieme”) e la Krajna (trad. “condivisione”) hanno fatto in modo che islamici e cristiani vivessero insieme tranquillamente per lungo tempo, dimostrando come il problema della divisione dei popoli non fosse costituito dai credi che stavano alla base della sincera ricerca del sacro, bensì dal potere politico e da ideologie che hanno poi disintegrato l’ex Jugoslavia.

La studiosa Tone Bringa sostiene addirittura che nel villaggio di Beljvine i cristiani aiutassero i musulmani a costruire le moschee, ed allo stesso modo i secondi consideravano atto meritorio dare una mano agli ortodossi nell’edificare chiese in un’attività cooperativa definita Moba, con una minimizzazione delle differenti visioni religiose e un credo granitico nell’importanza della gentilezza. I musulmani tenevano addirittura del lardo da parte per i loro ospiti “miscredenti”, i quali erano a loro volta sposati da giudici islamici. Insomma il concetto di Komsiluk, ovvero di buon vicinato, è qualcosa che evidentemente è andato e può andare aldilà della fede, restando direttamente legato al nucleo centrale di Humanitas.

Straordinaria è anche una testimonianza dalla Macedonia degli anni ‘90, dove Dragina, una custode della chiesa di Sveti Nikola (sorta sui resti del mausoleo del fondatore di un monastero Bektashi), aveva uno splendido rapporto con un monaco sufi, visto come una sorta di guida spirituale che poteva benedire e aiutare il figlio nelle scelte della vita quotidiana, mentre lo stesso derviscio riconosceva nel monastero un luogo sacro.

Anche se in modo nettamente diverso, in Turchia ci sono state situazioni che per alcuni versi si avvicinavano a quella bosniaca. Ad Istanbul, di martedì, presso la chiesa di Sant’Antonio, islamici e cristiani fino a qualche anno fa si trovavano a scrivere su un quaderno richieste di preghiera, appellandosi ad Allah, a Maria o a S. Antonio stesso, con una volontà ed un obiettivo che evidentemente non erano legati a divisioni religiose, bensì ad una ricerca di grazia che poneva al centro figure sacre “universali”.

Basti pensare che nel Maghreb ci sono circa 140 santi in comune fra ebraismo ed Islam, mentre figure come quella di Sant’Elia e San Giorgio vanno aldilà del comune substrato monoteista, mescolandosi a tradizioni addirittura precedenti. Ancor più emblematica è la figura di Maria, simbolo (assieme a Gesù Cristo) del continuum fra cristianesimo ed islamismo, essendo una delle 4 figure femminili del Corano con: Khadja e Fatima (moglie e figlia del profeta) ed Asya (moglie del faraone).
Ed è proprio in un paese islamico come l’Egitto che si sono verificati degli eventi importanti attorno alla figura della Vergine. Le presunte apparizioni collettive di Zaytun nel 1968 ed Assiut nel 2000 dovrebbero far riflettere su quanto sia ritenuta importante questa figura per i due credi e gli altrettanti mondi, considerando la topografia delle suddette apparizioni e il peregrinare della sacra famiglia fra Egitto e Palestina.

In Egitto, i musulmani si incontravano nei siti mariani di Al Muharraq, Gabal al Tayr e Musturud, così come non sorgevano grossi problemi nel frequentare i muled (feste patronali) da una e dall’altra parte. Pertanto, tentare di aprirsi a nuove forme di condivisione del sacro (senza comunque rinunciare alla propria identità) non dovrebbe essere considerata un’eccezione, bensì una possibilità concreta alfine di arginare un odio sempre più crescente.

Proprio tutte queste testimonianze, apparentemente isolate, dovrebbero costituire una sorta di mappa concettuale attraverso cui procedere e vedere nella ricerca del sacro universale il trait d’union fra culture e fedi differenti, in virtù di cui le religioni sarebbero propriamente viste come punti di forza e mezzi diversi per costituire una società fondata sulla pacifica convivenza fra i popoli, senza lotte che utilizzino il nome di Dio per far prevalere gli interessi dell’uno sull’altro.

Sarebbe straordinario adottare il concetto albanese di vakëf, cioè di piccolo tempio, in cui fedeli di tutte le religioni si riuniscono senza distinzione alcuna.
A tal proposito, sempre in Albania, Satrivaç è un luogo di culto universale in cui la pratica di ritrovarsi è incrementata in era post-comunista, proprio a significare che gli impedimenti e le costrizioni possono rafforzare lo spirito di comunione e di ricerca del sacro universale, il quale sta alla base della tolleranza e della convivenza.
E proprio in occasione di una festa cattolica come quella dell’Assunzione di Maria, la vera grazia sarebbe quella di far comprendere che alla base dei due monoteismi non ci sono solo fratture, bensì radici comuni, minate da ideologie che mettono in pericolo la convivenza e la religione stessa, sostituita da rigidi ed insensati fanatismi.

L’ulivo cresce sia nel mondo arabo sia in Occidente. Papa Francesco

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